Strangolati dallo Stato d'Israele, martoriati da un quotidiano stillicidio di vessazioni e omicidi, inchiodati in un vicolo cieco di vane promesse nazionali da tutte le borghesie arabe della regione (compresa quella palestinese), vittime sacrificali di tutte le manovre diplomatiche più o meno sotterranee degli Stati occidentali e medio-orientali, i proletari e le proletarie palestinesi della striscia di Gaza stanno per subire l'ennesimo sanguinario macello, dopo quelli – forse lontani ma mai dimenticati con rabbia e orrore – di Tell Al-Zataar (in Libano, agosto 1976) e di Sabra e Chatila (ancora in Libano, settembre 1982), e dei molti che seguirono. Altre centinaia e migliaia di morti palestinesi (uomini, donne, bambini, vecchi) si andranno così ad aggiungere al martirio subito ogni giorno, fin da quel disgraziato anno 1948, in cui le potenze uscite vincitrici dal Secondo massacro mondiale facevano del neonato Stato d'Israele il gendarme armato di un'area troppo “sensibile” (per usare un termine tanto caro alla geopolitica di oggi) per i loro reciproci interessi economici ed equilibri politico-strategici.
Sta ai proletari e alle proletarie d'Occidente, sfruttati dai capitali nazionali ma in qualche modo “privilegiati” rispetto alle masse diseredate, proletarie e in via di proletarizzazione, di tutto il mondo, ricominciare a far sentire la propria voce, solidali nel combattere lo sfruttamento quotidiano che ha un’unica radice comune: la sopravvivenza del modo di produzione capitalistico. Solo tornando a lottare ogni giorno contro il capitale, contro i suoi manutengoli nazionali sotto forma di partiti al governo o aspiranti a esserlo e sindacati di regime ormai stabili sostegni degli Stati, contro tutte le tragiche illusioni riformiste e pacifiste, gradualiste e democratiche, solo con la lotta contro la “propria” borghesia e contro le “esigenze superiori dell'economia nazionale”, contro tutte le tentazioni nazionaliste comunque mascherate, solo così i proletari e le proletarie d'Occidente potranno cominciare ad aiutare concretamente, e non con gli spenti rituali dei proclami o delle manifestazioni una volta ogni tanto, i loro fratelli e le loro sorelle medio-orientali che oggi vanno incontro a un ennesimo massacro.
Noi comunisti internazionalisti siamo a fianco dei proletari e delle proletarie palestinesi come di quelli di tutti gli Stati dell'area, oltre che di quelli già trucidati dalle guerre e guerricciole che si moltiplicano qua e là su tutto il pianeta. La crisi economica mondiale, in cui è immerso – a corrente alternata – il capitalismo fin dalla metà degli anni '70 del '900, accelera il processo di preparazione di un nuovo conflitto inter-imperialistico mondiale: Ucraina, Africa Sub-Sahariana, Nagorno Karaback, Kossovo... All’ordine del giorno devono quindi tornare la prospettiva e la pratica del disfattismo rivoluzionario: nessuna alleanza con la “propria” borghesia e con quelle degli altri Stati, di cui anzi auguriamo la sconfitta!
Che l’ennesimo martirio di masse proletarie che si prepara nella striscia di Gaza non avvenga invano!